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Sciacca e il suo corallo

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 Il corallo del Mediterraneo è della specie Corallium Rubrum e cresce dai 50 ai 200 metri di profondità. Presenta dimensioni ridotte rispetto al corallo asiatico, il diametro di una lavorazione a sfera mediamente va dai 3 agli 8 millimetri. Esistono al mondo 27 specie di Corallium ma solo 5 sono lavorabili. L’aspetto e il colore del corallo dipendono dal luogo e dalle profondità in cui si è sviluppato.

Ogni ramo di corallo è lo scheletro calcareo di colonie di piccolissimi polipetti bianchi che vivono e si riproducono per via asessuata, facenti parte del gruppo dei Celenterati e che prediligono habitat naturale a temperature tra i 18 e i 20 gradi.

Il corallo di Sciacca ha caratteristiche uniche che lo distinguono da tutti gli altri coralli: la sua colorazione varia dall’arancio intenso al salmone-rosa pallido caratterizzato da macchie brunastre e talvolta nere proprio a testimoniare ed a certificare la sua origine vulcanica, fino al brunato del corallo fossile “bruciato” dalle altissime temperature raggiunte.

Il corallo di Sciacca grezzo, materiale organico che cresce alle pendici del vulcano sottomarino, appena pescato appare opaco, mentre una volta pulito e accuratamente lavorato presenta una lucentezza vitreo-porcellanosa.

 

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L'isola Ferdinandea

l corallo Sciacca ha origini uniche al mondo, proviene infatti dall’Isola Ferdinandea, isola sommersa nel Canale di Sicilia tra Sciacca e Pantelleria la cui storia è a dir poco eccezionale. Oggi l’isola Ferdinandea è una piattaforma di roccia che si trova tra 6 e 8 metri sotto la superficie del Mar Mediterraneo a 30 miglia dalla costa di Sciacca (AG), un vulcano sommerso che periodicamente erutta ed emerge. Nel lontano 1831 nella secca chiamata “Bummolo” dai marinai saccensi, a circa trenta miglia al largo di Sciacca, in un inferno di fuoco emerse dalle profondità marine una nuova isola…..l’Isola che non c’è.

Presto la notizia di questa nuova terra emersa si diffuse e le potenze dell’epoca accorsero alla ricerca di un approdo strategico. L’Inghilterra mandò le sue navi e vi piantò la bandiera nominandola “Graham”, la Francia la rinominò “Iulia” in riferimento alla sua comparsa nel mese di luglio, e i regnanti borbonici da parte loro la rivendicarono chiamandola “Ferdinandea” in onore di Re Ferdinando II di Borbone.

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Solo un anno più tardi, però, l’isola sprofondò nuovamente negli abissi ponendo fine alle questioni sulla sua sovranità scomparendo definitivamente sotto le onde del Canale di Sicilia. Grazie al microclima eccezionale creatosi conseguentemente ai fenomeni vulcanici, sulla secca si crearono e si ammassarono vaste estensioni di banchi corallini. Nel 1875 alcuni pescatori di Sciacca durante una battuta di pesca, notarono nelle reti la presenza del “Tesoro sommerso”.

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I tre capitani di paranza -coppia di barche a vela che trainavano una rete a strascico- riportarono la notizia della scoperta del corallo in città e così iniziò la grande corsa alla ricerca del prezioso corallo.

La leggenda narra che Bettu Ammareddu, capitano di paranza, era fuori a pesca insieme a Bettu detto Occhidilampa e Peppe Muschidda, quando perse la catenina regalata dall’amata Tina, pegno d’amore e amuleto. Si tuffò allora in acqua per recuperarla e scoprì così il corallo.
La poesia “La corallina” del poeta saccense Vincenzo Licata descrive in dialetto saccense esattamente il momento della scoperta:

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